Effetto manovra, da gennaio 4 mila medici precari a rischio

Roma, 16 dic. (Adnkronos Salute) - Capodanno 'da brividi' per circa 4 mila medici precari del Servizio sanitario nazionale. Non solo per il gelo che sta investendo il Belpaese. Dal primo gennaio, circa la metà dell'esercito dei camici bianchi con contratti di lavoro a termine potrebbe ritrovarsi senza lavoro. Su di loro potrebbe infatti abbattersi uno degli effetti delle norme sul pubblico impiego contenute nella manovra della scorsa estate, provvedimento che oltre a bloccare i rinnovi contrattuali, e a congelare per tre anni le retribuzioni di tutti i dipendenti pubblici, richiede alle amministrazioni di dimezzare nel 2011 la spesa per tutte le forme di lavoro flessibile. Quindi, anche quella per i medici precari che prestano servizio nelle Asl e negli ospedali pubblici. Un esercito difficile da contare ma che, secondo un'indagine realizzata per l'Adnkronos Salute dalla Fp Cgil Medici, potrebbe arrivare a circa 8 mila camici bianchi. La riduzione del 50% della spesa potrebbe quindi significare posto a rischio per circa 4 mila di loro. Professionisti che operano soprattutto nei pronto soccorso, giovani ma non troppo (35-45 anni), nel 60% dei casi donne. La difficoltà di identificare il numero esatto di questi precari è dovuta al fatto che, come spiega il segretario nazionale della Fp Cgil Medici, Massimo Cozza, "non esistono dati certi a livello nazionale. Anche perché diversi precari sono 'invisibili' in quanto svolgono solo saltuariamente prestazioni orarie o fanno capo a organizzazioni private, ma lavorano con contratti a prestazione negli ospedali pubblici. E' il caso dei cosiddetti camici rossi, medici privati che prestano servizio in diversi pronti soccorso degli ospedali del Veneto". Nel dettaglio, secondo l'indagine della Cgil Medici - che in alcune regioni ha raccolto dati certi e in altre solo stime - i camici bianchi con contratto a tempo sono circa 8 mila. Suddivisi così: circa 1.000 in Lombardia; 800 in Veneto; 150 in Liguria; 500 in Emilia Romagna; 500 in Toscana; 1.200 nel Lazio; 800 in Campania; 300 in Abruzzo; 200 in Umbria; 100 nelle Marche; 500 in Puglia; 200 in Calabria; 700 in Sicilia; qualche decina in Piemonte e in Basilicata, regioni dove i medici precari sono stati quasi tutti stabilizzati. "A questi - precisa Cozza - vanno poi aggiunti i professionisti a tempo determinato che operano in Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Molise, Valle d'Aosta e Trentino Alto Adige, dove però non siamo riusciti ad avere numeri affidabili".Gli 8 mila camici bianchi precari del Servizio sanitario nazionale stimati dal sindacato rappresentano circa l'8% dei medici che lavorano nella sanità pubblica. Un numero in crescita rispetto all'ultimo rendiconto annuale (2008) della Ragioneria generale dello Stato, secondo il quale i medici a tempo determinato sono invece 6.544, di cui 3.725 donne. Ma l'8% è solo la percentuale media nazionale dei camici bianchi precari. In realtà il dato varia da regione a regione. E' il caso, ad esempio, del Lazio, dove - secondo le tabelle 2007 del ministero della Salute, relative al personale medico che opera nelle strutture di ricovero pubbliche - si contano 10.658 professionisti. I 1.200 precari registrati dalla Cgil Medici rappresentano quindi circa il 12%. Stessa cosa in Abruzzo, dove su 2.287 medici, 300 risultano 'a tempo': circa il 13%.E se da una parte ci sono Regioni ormai avanti sulla strada della stabilizzazione - è il caso del Piemonte e della Basilicata che hanno praticamente azzerato il numero dei medici precari - di contro ci sono realtà in cui la situazione è assai più critica. "E' il caso delle Regioni alle prese con i piani di rientro, il Lazio su tutte", spiega Cozza. "Con il governatore Polverini - aggiunge - abbiamo aperto un tavolo di trattativa per cercare di risolvere la situazione. L'impegno che la Polverini si era presa in campagna elettorale era quello di stabilizzare i precari che operano nella sanità. Adesso chiediamo che venga rispettato". Intanto, nel nostro Paese, la spettro della carenza di medici si fa sempre più concreto. Secondo la Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo) circa 4 camici bianchi su 10 nei prossimi dieci anni andranno in pensione. Perdere per strada altri medici, ora precari, non farebbe che anticipare l'allarme. "Da questo punto di vista - spiega il segretario nazionale della Fp Cgil Medici - i problemi maggiori li vivono i reparti di emergenza-urgenza. La maggior parte dei medici precari lavora infatti nei pronto soccorso degli ospedali pubblici. E una loro uscita dal servizio metterebbe a rischio la garanzia dell'assistenza ai cittadini". Dal primo gennaio 2011 gli effetti della manovra economica varata a luglio potrebbero quindi avere riflessi negativi non solo sui singoli medici ma anche sul funzionamento stesso di alcuni servizi di assistenza. Anche se, a differenza di altri settori del pubblico impiego, per quanto riguarda il Ssn la legge non è tassativa, ma rappresenta un "principio generale di coordinamento" al quale gli enti si adeguano. Il mancato rispetto dei limiti costituisce comunque illecito disciplinare e determina responsabilità erariale. In altri termini, quindi, le Regioni, presumibilmente, si muoveranno in ordine sparso: quelle con sufficienti soldi in cassa riusciranno forse a prorogare i contratti, le altre dovranno invece trovare il modo di far quadrare i conti.Per Cozza, però, serve un provvedimento di proroga dei contratti in scadenza. "Tutte le Regioni interessate - spiega - dovrebbero avviare un percorso di stabilizzazione. In caso di licenziamenti generalizzati - conclude - si potrebbero anche determinare le condizioni per azioni di denuncia per interruzione di pubblico servizio".

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